Sinistra Autonomia FederalismoRipartiamo dalle idee e dai territori
Ripartiamo dalle idee e dai territori. Sinistra- Autonomia- Federalismo.
ANALISI DELLA SITUAZIONE DEL COMPARTO LATTIERO-CASEARIO OVICAPRINO IN SARDEGNA
LA SITUAZIONE PRODUTTIVA E DI MERCATO
Tutto fa presagire di trovarsi oggi di fronte all’ennesima crisi di mercato del comparto.
Dati provenienti da fonti attendibili, e non smentiti, affermano che la campagna di produzione di pecorino romano, ancora in corso, potrebbe chiudersi con oltre 330.000 ql. di prodotto , produzione ben lontana dal tetto di autoregolamentazione fissato dal consorzio di tutela (280.000 ql. ) in rapporto, più o meno, alle reali possibilità di consumo che sono state, a suo tempo, quantificate dallo stesso consorzio in 250.000 ql di prodotto stagionato ( 137.000 ql. diretti in USA, 51.000 in UE, 50.000 in Italia e altri 12.000 in altre aree del mondo ) corrispondente a un quantitativo in pasta alle 24 ore di circa 271.000 ql. ).
Non va sottaciuto che negli ultimi tempi si è avvertito un calo dei consumi e che si è interrotto quel positivo incremento mensile di vendite che era stato innescato dal basso prezzo di offerta.
Come dimostra la storia produttiva di questo formaggio,ogniqualvolta l’offerta si è discostata in termini rilevanti dalla domanda, il prezzo del formaggio è calato, e conseguentemente quello del latte alla produzione, poiché, purtroppo, il mercato del pecorino romano , a causa dello squilibrio di potere contrattuale all’interno della filiera,detta il prezzo del latte che pure è destinato a diverse tipologie di formaggio , con effetti devastanti per il reddito dei pastori che sono i soli a pagare le crisi di cui non sono responsabili e che, ancora una volta, dovranno lavorare sotto costo, visto che il costo di produzione di un litro di latte ovino, come dimostrato da una recente indagine ISMEA si attesta mediamente su € 1,12/litro.
Andando a ritroso negli anni, si può verificare che quando si sono prodotti 384.314 ql.( annata 1994-1995 ) o 381.836 ql. ( annata 2003-2004 ) il prezzo del latte è sceso a 0,51 €/litro a valori attuali.
Quando per tre annate consecutive (2011/2012 - 2012/2013 - 2013/2014) si è registrata una produzione, rispettivamente, di ql. 254.530, ql.247.780 e di ql.241.170, con una media pertanto, nel triennio, di 247.827 ql, il prezzo del pecorino romano ha raggiunto una quotazione storica toccando i 9,50 euro/ Kg . Davanti all’impennata produttiva dell’annata 2014 – 2015, che ha registrato il dato di ql. 301.650, poi diventati 356.324 nell’annata 2015-2016 , dati attutiti nella passata annata 2016-2017 con 278.557 ql., il prezzo ha iniziato a manifestare segni di cedimento ( 5,13 €/Kg nei primi mesi del 2017 risalendo a 7,70 a febbraio 2018 per poi ricadere ai 6,60 (prezzo minimo mercato di Milano alla data odierna - Fonte CLAL ) . Che cosa possa accadere con il dato previsionale per la campagna in corso e prossima alla chiusura è facilmente immaginabile.
Sarebbe doveroso, da parte dell’INEQ, organismo di certificazione del pecorino romano, rendere pubblici, entro tempi accettabili, i dati certificati o, quanto meno, averli, sia pure come dato provvisorio, dal Consorzio di Tutela, ripristinando la pubblicazione dei dati mensili di produzione e delle differenze percentuali rispetto all’annata precedente come si faceva una volta.
Ne dobbiamo dedurre quindi che siamo davanti, salvo qualche rara eccezione, ad una classe imprenditoriale incapace di orientare la produzione al mercato, di operare una valida diversificazione produttiva , quando non espressamente rivolta alla bieca speculazione.
Sarebbe importante conoscere l’elenco delle aziende splafonatrici che si trincerano sempre dietro il diritto alla privacy e che motivano le loro scelte con le rigidità strutturali che si trascinano da oltre trent’anni senza muovere un dito, o con l’incremento della produzione di latte dovuta al clima se non alla irresponsabilità degli allevatori che, guarda un po’, vogliono elevare la produttività dei propri allevamenti. Certo, più che forzare la produzione di latte o sostituire la pecora sarda con razze estranee alla nostra cultura imprenditoriale sarebbe meglio, come emerso in tante occasioni, si operasse, con il supporto degli enti di ricerca, una selezione genetica degli ovini tesa al miglioramento della qualità del latte in termini di resa , più che alla quantità; ad oggi non conosciamo i risultati della ricerca in tale direzione.
Non possiamo comunque, come organizzazione di tutela degli allevatori, invitare i nostri associati a ridurre la produzione; non spetta a loro stabilire, se non collegialmente all’interno delle cooperative da loro costituite e controllate, quale debba essere la destinazione del latte. Non sono stati mai definiti e comunicati i limiti produttivi dei caseifici sardi ai quali spetta valutare e stabilire quanto latte trasformare, quali formaggi produrre ed in quali quantità, in funzione della propria organizzazione commerciale di cui si dovrebbe valutare l’efficienza.
Il tema della programmazione produttiva resta quindi al centro di una valida politica nel comparto e ad essa non si può sfuggire.
QUALI POLITICHE CONGIUNTURALI E STRUTTURALI PORRE IN ESSERE PER STABILIZZARE IL MERCATO.
1. Sull’autoregolamentazione della produzione
Preso atto che, nonostante gli sforzi, il consorzio di tutela non è in grado di controllare la produzione, va condotto un approfondimento e verifica sull’ adeguatezza degli strumenti attualmente in vigore finalizzati al rispetto dell’autoregolamentazione .Abbiamo, più volte, sostenuto che la contribuzione aggiuntiva stabilita dal consorzio di tutela a carico del socio che supera la quota assegnata, come oggi praticata, non è sufficiente. Copagri continua a ritenere che vada aumentata. Il consorzio sostiene di incamerare risorse non indifferenti a tale titolo; evidentemente l’onere è ritenuto sopportabile da parte degli inadempienti e non scoraggia gli incrementi produttivi. Nel contempo occorre però rivendicare con maggiore energia strumenti più efficaci, comunitari e nazionali, da tempo auspicati , che non siano sempre influenzati dall’interesse esclusivo del consumatore , protetto dal regime di concorrenza, ma anche del produttore.
Stabilito che la sovrapproduzione determinerà nuovamente una crescita delle giacenze, Copagri plaude all’iniziativa promossa dal consorzio di tutela di ritirare 20.000 ql. di romano da proporre come “riserva” dopo una lunga stagionatura nel solco di una scelta di qualità già sperimentata dal consorzio del parmigiano reggiano.
Tuttavia, essendo la misura utile ma non sufficiente, si è dell’avviso che vada richiesto ad AGEA il ritiro di una consistente partita di “ romano “ da destinare agli indigenti. Spiace considerare che la Regione abbia mandato “ in economia” i due milioni che erano stati stanziati per l’acquisto di formaggi DOP.
Non è da escludere che possa essere attivato l’ammasso privato, secondo le disposizioni comunitarie in materia, con integrazione della remunerazione giornaliera a carico della Regione al fine di renderlo appetibile.
Restiamo inoltre convinti che il consorzio debba proporre una modifica del disciplinare per suddividere la produzione in un formaggio da grattugia ed un formaggio da tavola, a basso tenore di sale (massimo il 3% ), tra l’altro già in produzione presso diversi caseifici, ma non marchiato e presentato come tale. Spingono in questa direzione anche gli orientamenti che paiono maturare in seno all’ONU e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, anche se in forme inopportune e contestabili, non muovendosi all’interno di una politica basata su una corretta educazione alimentare, ma su un’ipotesi di tassazione. O i tentativi della Gran Bretagna di imporre un’etichettatura “ a semaforo “.
Sul fronte della promozione e tutela, si prende positivamente atto degli sforzi del consorzio rivolto ad un migliore utilizzo delle risorse pubbliche per la promozione presso i paesi terzi e della volontà di rafforzare i rapporti con gli altri consorzi di tutela con l’intento di dare un’immagine più compiuta, unitaria, del comparto e della Sardegna.
2. Il compito della Regione
Alla Regione, come da tempo sollecitato, si reitera la richiesta di legare gli incentivi pubblici nel settore lattiero caseario al rispetto della programmazione produttiva del pecorino romano e alla diversificazione produttiva. Questo significa porre coerenti vincoli nei bandi di diversa natura rivolti alle imprese casearie e derivanti da norme regionali, dal FESR, dal FEARS ( PSR ).
Come si sa, sono riconosciute per la Sardegna tre denominazioni di origine relativamente ai formaggi: “pecorino romano”, “pecorino sardo” e “fiore sardo”. Un’attenta riflessione va operata sul fatto che i dati produttivi ufficiali sulle DOP ci indicano che il “pecorino sardo”, il pecorino da tavola più riconosciuto dal consumatore, ha registrato nell’ ultimo triennio una produzione media di poco più di 15.000 ql. ; erano oltre 20.000 nel 2012. Ben altre sarebbero le sue potenzialità. Quali sono le ragioni che tengono lontano i trasformatori da questa tipologia di formaggio ?
Altro tema che non ha sinora trovato l’interesse dell’Istituzione regionale è quello della destagionalizzazione della produzione del latte che troviamo sul mercato in quantitativi limitati nel periodo estivo, periodo di maggiore afflusso turistico nella nostra Isola; meriterebbe il finanziamento di un programma sperimentale che veda la collaborazione dell’Università, dei trasformatori e di alcune aziende della pianura e collina irrigua.
Come da tutti riconosciuto, è arduo programmare lo sviluppo di un comparto in assenza di dati certi e attendibili. Non si comprende pertanto perché non si dia seguito, come più volte annunciato, ad implementare l’Osservatorio Ovicaprino operante presso Laore.
Relativamente agli strumenti finanziari vanno dati precisi indirizzi, volti al rispetto dei programmi di autoregolamentazione delle produzioni, alla SFIRS ( vedi pecorino-bond ) e ricercata la collaborazione con gli istituti di credito ( vedi prestito rotativo su pegno) considerato che anche le banche hanno tutto da perdere nel caso di sovrapproduzione, causa del deprezzamento del prodotto.
Con riguardo ai rapporti con gli Istituti di credito , si era ragionato a suo tempo presso l’assessorato dell’agricoltura,della possibilità che la Regione stipulasse con l’ABI specifica convenzione per consentire , d’intesa con AGEA,di anticipare ai produttori gli aiuti “automatici” ( indennità compensativa, benessere animale, ecc. ) provenienti dal PSR e normalmente erogati da AGEA nazionale con notevole ritardo.
L’azione della Regione è stata sinora debole nel comparto specie nel rapporto con il ministero al quale si chiede da tempo l’emanazione del decreto attuativo dell’art. 151 del Regolamento (UE) n.1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 che impone agli acquirenti di latte di comunicare mensilmente allo Stato membro i dati sui litri di latte conferiti : ciò consentirebbe di avere un quadro veritiero sulla produzione della materia prima e una programmazione basata su dati reali e non ipotetici. Per il latte vaccino il ministero vi ha già provveduto senza però estendere gli obblighi al latte ovicaprino.
Si ricorda che i ministeri dell’agricoltura di Spagna e Francia, paesi fortemente interessati anche alle produzioni del comparto ovicaprino, vi hanno da tempo provveduto.
L’obbligo stabilito dalla Regione Sardegna a carico dei produttori , in concomitanza della presentazione delle domande di ristoro dei danni provocati dalla siccità 2017, di comunicare le produzioni di latte, può offrire un orientamento ma trattasi di un provvedimento spot e non strutturale.
Riconosciamo utili alcune linee di intervento del FESR volte all’internazionalizzazione e la novità del “ pecorino bond “ con i limiti che abbiamo sopra rimarcato.
Relativamente al “prestito rotativo su pegno” è più il frutto della scelta del consorzio di tutela, che ha rispolverato una modalità di credito attivata nel Nord d’Italia , più precisamente dalla CARIPLO, negli anni “80,a favore del parmigiano reggiano, più che dell’intervento della Regione. La novità sarda è rappresentata, rispetto al vecchio intervento CARIPLO, dal fatto che non si da luogo allo spossesso del formaggio, che rimane nei magazzini dei trasformatori.
E’ mancata infine una forte interlocuzione con il ministero ai fini della ricostituzione del Tavolo nazionale di Filiera Ovicaprina , tavolo già istituito, su richiesta della Giunta Regionale di allora, dal ministro De Castro con l’emanazione del D.M. n. 101/TRAV del 28 febbraio 2008, affinchè le tematiche che riguardano il comparto possano trovare una sede nazionale che garantisca un ampio confronto tra le Regioni interessate e le istituzioni nazionali.
3. Il compito del ministero
Come già ribadito, dal ministero ci si attende:
a) L’emanazione del decreto ministeriale sull’obbligo della comunicazione dei quantitativi di latte ovicaprino conferito alle industrie di trasformazione;
b) La ricostituzione del Tavolo di Filiera Ovicaprino;
c) Un intervento immediato da parte di AGEA per il ritiro di pecorino romano da destinare ai paesi terzi e agli indigenti;
d) La richiesta presso l’UE di autorizzazione, a prezzi adeguati, all’apertura dell’ ammasso privato di pecorino romano;
e) Misure più incisive finalizzate al rispetto dell’art. 62 della L. n. 27/2012 relativo alle condizioni contrattuali che riguardano i prodotti deperibili;
f) Il riconoscimento di OILOS;
4. Il compito di OILOS
I compiti di OILOS sono quelli indicati dai regolamenti comunitari in materia di Organizzazioni Interprofessionali e dalle norme di attuazione nazionali, come, tra l’altro, :
1) migliorare la conoscenza e la trasparenza della produzione e del mercato, anche mediante la pubblicazione di dati statistici aggregati sui costi di produzione, sui prezzi;
2) prevedere il potenziale di produzione e rilevare i prezzi pubblici di mercato;
3) contribuire ad un migliore coordinamento delle modalità di immissione dei prodotti sul mercato, in particolare attraverso ricerche e studi di mercato;
4) esplorare potenziali mercati d'esportazione;
5) redigere contratti tipo compatibili con la normativa dell'Unione per la vendita di prodotti agricoli ad acquirenti o la fornitura di prodotti;
6) fornire le informazioni e svolgere le ricerche necessarie per innovare, razionalizzare, migliorare e orientare la produzione e, se del caso, la trasformazione e/o la commercializzazione verso prodotti più adatti al fabbisogno del mercato.
Trattasi di importantissime funzioni che però non gli assegnano il ruolo di Tavolo di Filiera come, impropriamente, talvolta, gli si vorrebbe affidare. Di qui le nostre rimostranze verso l’assessore per non aver voluto, per lungo tempo, convocare tale tavolo di confronto e di concertazione delle politiche di comparto.
Si sottolinea l’importanza che avrebbe, al fine di stabilire condizioni di trasparenza ed equità, considerati i rapporti anacronistiche che ancora oggi caratterizzano in Sardegna i rapporti contrattuali tra allevatori e trasformatori, l’accordo su un contratto-tipo di fornitura, valevole sull’intero territorio regionale e rispettoso di quanto previsto dall'art. 62 della L. n. 27/2012, condividendo, tra l’altro, parametri condivisi da porre a base del pagamento del latte secondo qualità, il che vuole significare che il latte va pagato, oltre che sulla base del rispetto di parametri sanitari, sulla resa in formaggio tenendo conto di proteine e grassi ( Materia Utile Caseificabile ).
Non secondario è l’obiettivo della promozione dell’ l’incremento dei consumi e la destagionalizzazione delle produzioni, nonché la fissazione di tetti produttivi entro un’azione programmata di destinazione del latte.
Va rimarcato che sulla programmazione della destinazione del latte, discutendo dell’ipotesi di distrarne una parte dalla trasformazione per esitarlo tal quale sul mercato nazionale ed europeo, non si è mai trovato l’accordo su come condividere “ il sacrificio “ della svendita da parte di alcuni detentori. Tale ipotesi, deve , comunque, preliminarmente, trovare l’intesa sul limite di latte da destinare alla trasformazione, suffragato da dati attendibili di mercato.
Stante l’utilità del ruolo di OILOS, essa va rapidamente riconosciuta.
Stupisce il fatto che, dopo la presentazione al ministero della documentazione atta al suo riconoscimento ( 19 dicembre 2017 ) lo stesso ministero, entro i termini stabiliti dalla procedura ( tre mesi ), non abbia richiesto informazioni né documentazione aggiuntiva per poi comunicare, in via informale e sei mesi dopo, che il procedimento era sospeso in attesa di chiarimenti richiesti a Bruxelles.
Non è inopportuno sottolineare che il ministero è stato coinvolto da OILOS e dalla Regione sin dall’inizio del processo costitutivo e che talvolta suoi funzionari hanno partecipato ad incontri regionali e ricevuto a Roma i funzionari regionali competenti in materia incaricati di supportare OILOS.
Nella sostanza, il ministero, oggi, sembra mettere in discussione il fatto che il latte ovino sia compreso tra i settori per i quali è possibile il riconoscimento di Organizzazioni Interprofessionali in quanto gli articoli 157 e seguenti del Regolamento ( UE ) n. 1308/2013
fanno riferimento ai settori indicati all’art. 1, paragrafo 2 dello stesso regolamento dove compare il termine latte e prodotti lattiero-caseari senza far menzione specifica al latte ovino, considerando quindi che si debba intendere il solo latte vaccino. Nel contempo il limite minimo di rappresentatività, nell’ipotesi più favorevole di comprensione anche del latte ovino, dovrebbe essere calcolato sull’intera produzione di latte delle varie specie.
In assenza di documenti ufficiali questa ci sembra la loro interpretazione.
Se così fosse, non si comprenderebbe come in Francia siano presenti un’Organizzazione Interprofessionale nazionale di latte caprino e tre Organizzazioni Interprofessionali regionali di latte ovino ( Pirenei, Roquefort e Corsica, che raggruppa anche latte caprino )
Si osserva ancora che le Organizzazioni dei Produttori ( OP ) hanno la stessa base giuridica ( art. 1, paragrafo 2 del Regolamento n. 1308/2013. Ci si chiede pertanto come abbia potuto il governo italiano e la stessa Regione legiferare in materia e provvedere al riconoscimento di numerose OP nel settore del latte ovino, finanziando , per diversi anni , i loro programmi operativi.
Non so se sia il caso, onde chiarire una volta per tutte l’esistenza del comparto ovicaprino, svolgere un’azione politica concertata per la modifica della recente proposta di regolamento, facente parte del nuovo quadro legislativo di regolamentazione della nuova fase di programmazione 2021-2017, che tratta delle modifiche da apportare al regolamento n. 1308 sulla OCM Unica, specificando , all’art. 1, paragrafo 2, che per latte vada inteso non solo il latte vaccino ma anche il latte ovino e caprino.
5. Il compito dei caseifici sociali
Essendo i caseifici sociali l’espressione economica diretta degli stessi allevatori, occorre rimuovere, in alcuni casi, gli ostacoli che ne comprimono l’efficienza attraverso l’adeguamento, in primo luogo, del loro management.
E’ risaputo che i costi di produzione per litro latte hanno una forbice eccessivamente larga ( € 0,20 – 0,40/litro ) e varrebbe la pena, anche con l’intervento della Regione ( SFIRS ? ) andare ad un’analisi approfondita dei loro bilanci per evidenziare punti di forza e di debolezza.
Carente è l’aggregazione dell’offerta di pecorino romano il quale è spesso rivenduto agli industriali che dettano conseguentemente, sia pure indirettamente, la remunerazione del latte.
Si rende quindi necessaria una maggiore aggregazione dell’offerta di pecorino romano con lo sviluppo di azioni comuni di marketing e commerciali attraverso un’unica organizzazione commerciale.
Problema annoso è la scarsa diversificazione della produzione da parte di alcune strutture che da decenni perseguono la monocultura con i pericoli che questa si porta dietro.
Non sarebbe irrilevante guidare un processo di semplificazione della presenza di caseifici sociali sul territorio favorendo azioni di fusione per incorporazione dei più deboli e sottocapitalizzati.
Pietro Tandeddu - 23 luglio 2018